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Ultimo aggiornamento 17 Giugno 2021

Separarsi e divorziare è spesso fronte di grande dolore, soprattutto per il coniuge che ha investito tutto nella famiglia, anche a discapito della propria carriera personale.

Quali sorti spettano al coniuge non economicamente autosufficiente?

Molto spesso, il coniuge economicamente debole, di fronte a un evento già di per sé traumatico, si trova ulteriormente smarrito per il timore di non poter provvedere con le sue scarse risorse economiche al proprio fabbisogno quotidiano.

Per tali ragioni e alla luce anche del nuovissimo orientamento giurisprudenziale, è fondamentale comprendere come è disciplinato l’assegno di mantenimento, ovvero l’assegno che deve essere corrisposto al coniuge separato e l’assegno divorzile, l’assegno che spetta all’ex coniuge divorziato.

L’assegno di mantenimento

L’istituto dell’assegno di mantenimento è disciplinato all’art. 156, primo comma, Cod. Civ., il quale dispone che “il giudice, pronunciando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri”.

L’assegno divorzile

Il diritto all’assegno divorzile, invece, è previsto all’art. 5, comma sesto, Legge n. 898 del 1970 il quale sancisce che in sede di divorzio il Tribunale possa disporre “l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.

Le due norme sopra citate presuppongono che la persona che richieda l’assegno di mantenimento o di divorzio sia priva di adeguati redditi propri e verta in una condizione di oggettiva impossibilità di procurarseli.

L’obbligo di corrispondere un assegno all’ex coniuge o al coniuge separato ha, infatti, natura assistenziale e si pone in continuità con il dovere di assistenza materiale disposto dall’art. 143 Cod. Civ.

In sede di separazione e/o divorzio, il dovere del coniuge di contribuire ai bisogni della famiglia si trasforma nel dovere di fornire all’altra parte, priva di adeguati redditi propri, quanto necessario al suo mantenimento.

La giurisprudenza in materia

In tema, la Giurisprudenza ha da sempre ritenuto che l’assegno di mantenimento e l’assegno divorzile devono essere parametrati al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

Oggi, con un recente intervento della Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 11504 del 2017) sembrerebbe non sia più così.

Il diritto spetta al coniuge non economicamente non sufficiente

In effetti, con tale pronuncia è stato enunciato il seguente principio di diritto: il giudice del divorzio, onde provvedere circa l’assegnazione dell’assegno divorzile, deve verificare la mancanza di “mezzi adeguati” o “l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive” non più con riguardo ad un “tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio” ma con esclusivo riferimento “all’indipendenza o autosufficienza economica” del coniuge.

Quindi, sembrerebbe ora che la decisione sul diritto all’assegno di mantenimento o divorzile debba soggiacere ad un diverso principio: il principio di autoresponsabilità economica del coniuge.

L’autosufficienza economica del coniuge può dedursi da diversi indici: dai redditi percepiti, dai cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari, dalla capacità effettiva di lavoro personale (che varia in base all’età, alla salute, al sesso del coniuge e alle condizioni di mercato), nonché all’assegnazione della casa familiare che, in presenza di figli, spetta generalmente alla moglie.

Pertanto, il coniuge avrà diritto a percepire un assegno di mantenimento o di divorzio solo se, valutati i parametri indicati, potrà essere considerato non economicamente autosufficiente, a prescindere dal tenore di vita in precedenza goduto.

Il rifiuto dell’ex coniuge a trovare un impiego lavorativo

Con una doverosa precisazione: se l’assenza di redditi dipende da inerzia o dalla mancata volontà del coniuge di trovare un impiego, il giudice potrà negare la corrispondenza dell’assegno.

In effetti, sul punto, si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione con una recentissima ordinanza, Ord. n. 5818/2018, in cui nega la corresponsione dell’assegno di mantenimento all’ex consorte che ha rifiutato un lavoro senza un valido motivo.


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