La Banca può essere dichiarata responsabile per la mancata erogazione di un finanziamento o di un mutuo fondiario per violazione degli obblighi di correttezza e di buona fede nella fase delle trattative pre negoziali.
Sul punto, occorre precisare che se è vero che la Banca è libera di decidere se concedere o meno un finanziamento o un mutuo stante il noto principio della libertà negoziale (nessuno, infatti, può essere costretto a stipulare un contratto) è altrettanto vero che se l’Istituto di Credito nella fase delle trattative ha posto in essere un comportamento tale da ingenerare nel soggetto richiedente una concreta aspettativa di conclusione del contratto di mutuo, tale condotta è censurabile ai sensi e per gli effetti dell’art 1337 Cod. Civ.
L’art. 1337 Cod. Civ., infatti, prescrive che “le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”.
Orbene, certamente contrario a buona fede è l’Istituto di Credito che in uno stadio avanzato delle trattive, ad esempio pochi giorni prima della data fissata per la stipula del contratto di mutuo, comunica al richiedente il suo rifiuto all’erogazione del mutuo.
Ciò è confermato dall’ABF (Arbitro Bancario Finanziario) che ha recentemente affermato la responsabilità di un Istituto di Credito che ben due mesi dopo la richiesta di finanziamento e tre giorni prima della stipula del contratto di mutuo comunicava al cliente il rifiuto del finanziamento per l’esistenza di un rapporto di parentela tra il venditore e il compratore” (ABF di Napoli del 14 marzo 2018).
Come precisato dalla Giurisprudenza di legittimità, (ex multis Cass. Sentenza n. 7768/2007) per potersi affermare la responsabilità della Banca devono, però, ricorrere determinati presupposti:
(i) al momento del recesso dell’Istituto di Credito le trattative devono essere in una fase avanzata tale da giustificare nel soggetto richiedente il sorgere di un ragionevole affidamento a che il contratto di mutuo venga concluso;
(ii) l’Istituto di credito non deve avere alcun valido motivo per interrompere le trattative;
(iii) non devono sussistere fatti idonei ad escludere il sorgere di un ragionevole affidamento in capo al richiedente alla conclusione del contratto.