L’imprenditore fallito entro un anno dal deposito del decreto di chiusura del fallimento, può richiedere la concessione del beneficio dell’esdebitazione.
Tanto anche se tra i debiti concorsuali non soddisfatti residuano debiti previdenziali.
Tali debiti sono di natura pubblica e costituiscono esborsi che l’imprenditore è tenuto a versare ex lege.
Vi rientrano, i debiti maturati con l’Istituto Nazionale per L’Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o con l’istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e/o con le Casse (ad esempio la Cassa Edile).
Ne sono un esempio la mancata corresponsione da parte dell’imprenditore delle voci retributive per ferie, la mancata corresponsione della gratifica natalizia e dell’anzianità professionale.
Sebbene il mancato pagamento di questi debiti comporti un’ inevitabilmente ricaduta dei costi degli insoluti sulla collettività sociale, l’esdebitazione ricopre anche questi debiti.
In effetti, l’art. 142, comma 3, l. fall., nell’indicare i debiti esclusi dall’esdebitazione non fa menzione di quelli previdenziali.
Oggetto di esclusione legislativa sono solo i debiti di natura personale, quindi i debiti non contratti per l’esercizio dell’attività di impresa.
Ciò non può dirsi per i debiti previdenziali che sono strettamente collegati all’attività imprenditoriale e ne costituiscono una necessaria conseguenza.
Ciò è confermato dalla giurisprudenza di legittimità che ha così stabilito “l’interpretazione offerta dall’Inps, secondo la quale l’esdebitazione non può trovare applicazione per il recupero della contribuzione obbligatoria, avente natura pubblicistica, è manifestamente infondata, atteso che la L. Fall., art. 120, nel prevedere al comma 3, che con la chiusura del fallimento i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti, fa espressamente salvi l’art. 142 e ss.; l’art. 142, al penultimo comma, nel disporre l’esclusione dall’esdebitazione, non menziona il debito previdenziale”.
La Corte, poi, nella stessa sentenza ha altresì ritenuto infondata l’ulteriore prospettazione avanzata in subordine dall’Inps, secondo la quale il debito verso gli enti previdenziali rientrerebbe nei “rapporti estranei all’esercizio dell’impresa“, L. Fall., art. 142, comma 3, lett. a) “atteso che il rapporto previdenziale sorge “in occasione” del rapporto di lavoro ed è estraneo ad ogni scelta imprenditoriale e comunque volontaristica del datore di lavoro” (Cass. civ. Sez. I, 11/03/2016, n. 4844).
Pertanto deve concludersi che l’imprenditore fallito personalmente potrà richiedere il beneficio dell’esdebitazione anche quando tra i debiti non soddisfatti con la procedura fallimentare vi siano debiti di natura previdenziale.