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La rottura della promessa di matrimonio: una libera scelta dell’individuo.

Capita nella vita che, ad un passo dall’altare, si decida di rompere la promessa di matrimonio.

E’ una scelta importante  e libera, quella di sposarsi, che è tutelata sino  all’istante prima del fatidico sì.

Del resto, è meglio annullare il matrimonio sull’altare, piuttosto che cimentarsi in un matrimonio che, già al momento della celebrazione, aveva importanti deficit.

Pure la giurisprudenza (da ultimo Cass. Civ., Sezione Sesta, ordinanza del 9 giugno 2020 n. 10926) ha statuito sulla libertà per ciascun futuro sposo di modificare la propria scelta fino al momento della celebrazione delle nozze e dello scambio del consenso tra gli sposi.

Quali sono le conseguenze patrimoniali della rottura della promessa di matrimonio?

La promessa di matrimonio, che risulti da atto pubblico o scrittura privata o da richiesta di pubblicazione, obbliga il promittente che rompe la promessa a risarcire all’altro le spese e  le obbligazioni contratte per il matrimonio. Null’altro.

In pratica, il promesso sposo che decida di rompere la promessa dovrà rimborsare all’altro le spese (pagamento di acconti) assunte in vista del matrimonio.

A titolo esemplificativo e non esaustivo, le spese per l’abito da sposa/o e gli arredi e/o le spese per la sala dove doveva tenersi il ricevimento e così via.

Sono esclusi quindi  i danni non patrimoniali.

Tanto peraltro solo se non vi sia un giustificato motivo della rottura del fidanzamento. Infatti, il promesso sposo può sgravarsi da responsabilità dimostrando che la rottura non è ad Egli addebitabile.

La Suprema Corte ha valutato tra i vari parametri per la richiesta di refusione delle spese anche la tempestività della domanda.

In ogni caso la domanda si propone ai sensi dell’art. 81 Cod. Civ.

Il consiglio dell’Avvocato.

Lo Studio Legale Lambrate consiglia comunque di valutare, anche per il tramite di professionisti o mediatori, la possibilità di trovare una soluzione in sede stragiudiziale.

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