Il vuoto affettivo del figlio non riconosciuto ha un valore…
Troppo poco si parla del vuoto affettivo subito dal figlio non riconosciuto.
Il figlio generalmente soffre, non solo per la negazione della sua qualità di figlio da parte del padre, ma anche (e soprattutto) per la mancanza di una figura paterna nella propria vita.
L’assenza del padre nella vita del figlio, come pure la negazione della paternità naturale, provoca una importante sofferenza che può rivesrarsi nei vari ambiti della vita del figlio e non solo in quello di relazione.
In alcuni casi, il patimento è talmente grande da arrivare addirittura a compromettere l’equilibrio di vita del figlio, provocando difficoltà nell’intraprendere una vita di relazione stabile, nonché lavorativa normale.
Nelle situazioni in discorso, il figlio non riconosciuto deve purtroppo, raggiunta la maggiore età, rivolgersi al giudice per far dichiarare la paternità negatagli dal genitore.
In passato il danno del figlio non riconosciuto non veniva minimamente considerato, se pure del tutto concreto. La Giurisprudenza in linea di principio era solita rigettare simili richieste.
Oggi si registrano alcuni importanti cambiamenti (Cass. Civ., 15 settembre 2011, n. 18853), volti a tutelare l’individuo anche all’interno della famiglia, come peraltro garantito dalla Costituzione.
Sicchè attualmente si ravvisa nel mancato riconoscimento paterno del figlio un fatto illecito, produttivo di danno alla sfera emotiva e sociale della persona.
Quando il figlio non riconosciuto può chiedere il risarcimento al padre?
La Giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. I, 22 novembre 2013 n. 26205) ha chiarito che il diritto al risarcimento sorge fin dalla nascita del figlio per via del vuoto emotivo, relazionale e sociale generato dall’assenza del padre.
Questo diritto è esercitabile nel periodo in cui si sarebbe generata la lesione, ossia dalla nascita sino alla maggiore età, dalla madre e nel periodo di stabilizzazione della lesione, in pratica con il raggiungimento della maggiore età, dal figlio stesso.
La domanda è liberamente proponibile senza limitazioni temporali. Del resto dovrebbe essere pacifico che questo genere di lesioni emotive si rielaborano e si comprendono solo con il raggiungimento di una maturità personale e non solo anagrafica. Pertanto, la Suprema Corte ha escluso una diminuzione del valore del danno per mancata tempestività della domanda del figlio, che raggiunta la maggiore età non abbia proposto l’azione.
Quanto vale il danno del figlio non riconosciuto?
Sul valore di questo danno, giova precisare che esiste Giurisprudenza (Cass. 22 novembre 2013, n. 26205,) che ritiene applicabile i criteri di liquidazione del danno da perdita parentale.
In ogni caso, il risarcimento del danno in capo al figlio è determinato in via equitativa dal Giudice.
Gli Avvocati Alessandra Giordano ed Elena Laura Bini dello Studio Legale Lambrate evidenziano che: “nel caso il figlio abbia, durante la sua vita, avuto necessità di un percorso terapeutico, questo potrà essere utile strumento per concretizzare il danno”.
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