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Molti si domandano se la quota ereditaria della matrigna, o del patrigno, moglie o marito sposato in seconde nozze dal proprio caro deceduto, possa o meno essere trasmessa ai figli di questi.

Il rischio per molti figli è quello di ritrovarsi a spartire l’eredità con perfetti estranei, figli di prime nozze della nuova moglie, o del nuovo marito, del proprio genitore.

Quali sono i diritti successori della matrigna o del patrigno?

Il coniuge sposato in seconde nozze ha diritti successori nei confronti del marito, o della moglie del de cuius. Pertanto, la matrigna o il patrigno concorrerà con gli eventuali figli naturali o legittimi del coniuge.

Questo anche se il proprio genitore si sia, nel corso del tempo, separato dalla matrigna o dal patrigno.

In effetti, ai sensi dell’art. 585, primo comma, Cod. Civ., il coniuge, a cui non sia stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato (quindi, ad esempio, è escluso il coniuge infedele, a cui sia stata addebitata giudizialmente la colpa della separazione), ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato.

Pertanto, con la separazione personale, i coniugi non perdono i loro reciproci diritti successori.

Solo con il divorzio la matrigna o il patrigno perdono i diritti successori nei confronti del coniuge.

I figli della matrigna, o del patrigno, subentrano nei diritti successori di questi?

Ai sensi dell’art. 467 Cod. Civ., i discendenti (quindi i figli) subentrano nel luogo e grado dei loro ascendenti (i genitori), in tutti i casi in cui questi non possano (perché premorti) o non vogliano (perché, ad esempio, abbiano rifiutato l’eredità) accettare l’eredità.

Il successivo art. 468 Cod. Civ. delimita l’ambito di applicazione del citato istituto della rappresentazione: in linea retta a favore dei discendenti dei figli, anche adottivi, e in linea collaterale a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del de cuius.

Sul punto, la Suprema Corte ha affermato che “il coniuge non è previsto dagli artt. 467 e 468 c.c. tra i soggetti per i quali opera la rappresentazione, e che l’indicazione dei soggetti a favore dei quali ha luogo la successione per rappresentazione è tassativa, essendo il risultato d’una scelta operata dal legislatore, sicché non è data rappresentazione quando la persona cui ci si vuole sostituire non è un discendente, fratello o sorella del defunto, ma il coniuge di questi (ex multis e per tutte Cass. 30-5-1990 n. 5077);”.

Gli Ermellini hanno altresì affermato che “l’indicazione dei soggetti a favore dei quali ha luogo la successione per rappresentazione, quale prevista dagli artt. 467 e 468 cod. civ., è tassativa, essendo il risultato d’una scelta operata discrezionalmente dal legislatore, sicché non è data rappresentazione quando la persona cui si intenda subentrare non è un discendente, un fratello o una sorella del defunto, ma il coniuge di questi” (Cass. Civ., Seconda Sezione, n. 5508 del 5 aprile 2012).

La rappresentazione non ha luogo a favore dei discendenti legittimi di qualunque chiamato, ma solo dei discendenti del chiamato, che sia figlio ovvero fratello o sorella del defunto, così Cass. Civ., Sezione Seconda, sentenza n. 22840 del 28 ottobre 2009.

 Alla luce di ciò, gli Avvocati dello Studio Legale Lambrate segnalano che, laddove la matrigna o il patrigno premuoia al proprio genitore, la quota ereditaria, secondo l’interpretazione giurisprudenziale citata, NON potrà essere reclamata dal figlio della matrigna o del patrigno.

Lo Studio Legale Lambrate, effettuata la sua valutazione del caso concreto, offre ai propri  Clienti una consulenza qualificata, occupandosi da molti anni  di questa questione giuridica.


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Approfondimenti:

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