Ultimo aggiornamento 17 Giugno 2021
La Suprema Corte di Cassazione torna ad affrontare il tema dell’esdebitazione, in una recentissima pronuncia, l’ordinanza n. 7550 del 27 marzo 2018, nella quale ribadisce il favor per l’imprenditore fallito.
La Suprema Corte di Cassazione, infatti, ribadisce l’importanza dell’istituto dell’esdebitazione il quale, permettendo l’estinzione dei debiti legati all’esercizio dell’attività imprenditoriale fallita, costituisce l’anticamera di una possibile ripresa di una nuova attività di impresa per l’imprenditore fallito, altrimenti pregiudicata dalla imponente pregressa esposizione debitoria.
Il favor debitoris
L’istituto dell’esdebitazione, ispirato ad un indubbio favor debitoris, è espressione del mutato sentire comune, anche a livello europeo, dell’insolvenza; insolvenza non più valutata con un’accezione invalidante e negativa ma come uno dei possibili esiti dell’attività imprenditoriale.
In quest’ottica, quindi, l’esdebitazione si pone come un istituto con una valenza decisiva sia sotto il profilo della ripresa economica del singolo imprenditore sia sotto il profilo concorsuale.
A ben vedere, l’imprenditore fallito, incentivato dalla previsione dell’istituto dell’esdebitazione, con ogni probabilità tenderà a non porre in essere condotte dilatorie ed ostruzionistiche nei confronti della procedura,confidando nella cancellazione dei debiti pregressi una volta chiuso il fallimento.
Il tutto con evidenti risvolti positivi anche per i creditori del fallito che potranno giovarsi di procedure concorsuali più celeri e capienti.
L’importanza dell’istituto dell’esdebitazione, con i notevoli risvolti pratici sopra delineati, ha, sin dalla sua entrata in vigore, incontrato il pieno supporto della Giurisprudenza.
La giurisprudenza
La Giurisprudenza, infatti, sin dalle prime pronunce sul tema, ha sposato un’intepretazione estensiva della normativa sull’esdebitazione.
Nell’ultimissima pronuncia citata, la Suprema Corte di Cassazione si ripete nuovamente nell’affermare l’opportunità che l’esdebitazione venga concessa al debitore fallito onesto ma sfortunato, dando maggior rilievo, ai fini della concessione del particolare beneficio, non tanto al criterio oggettivo (quindi al soddisfacimento di parte dei creditori concorsuali) quanto al criterio soggettivo (che attiene alla meritevolezza del debitore fallito ad ottenere l’esdebitazione).
Pertanto, a parere degli Ermellini, la concessione o meno dell’esdebitazione non deve limitarsi al confronto sterile dei dati contabili della procedura fallimentare ma deve avere ad oggetto sì l’analisi di tali dati filtrati però dall’esame e dalla valorizzazione anche dei comportamenti tenuti dal debitore fallito prima della procedura di fallimento e durante la stessa.
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