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Ultimo aggiornamento 14 Luglio 2021

Il conto corrente cointestato col de cuius, se alimentato unicamente dal  denaro di quest’ultimo, non può essere considerato di pari contitolarità, salvo non si provi la volontà donativa del titolare.

Frequentemente, il conto corrente bancario risulta, al momento del decesso, cointestato col de cuius.

In particolare, specialmente le persone anziane, a causa dell’età e/o delle condizioni di salute, trovano poco agevole effettuare le operazioni bancarie da sole tanto on line quanto allo sportello, così cointestano il conto corrente con un familiare o con una persona di fiducia.

La cointestazione dei conti bancari è, infatti, molto diffusa tra i correntisti di una certa età.

Se il conto corrente cointestato con un familiare può risultare un valido strumento per agevolare in vita i rapporti con la Banca, non è detto che lo sia anche al momento dell’apertura della successione.

Infatti, se la Banca, alla morte del correntista, non provvede a bloccare il conto corrente del de cuius, il cointestatario in vita potrebbe, senza nulla comunicare agli eredi, appropriarsi del 50% del saldo del conto corrente.

L’indirizzo della giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., Sezione Seconda, 2 dicembre 2013, n. 26991), è quello di ritenere che, ai sensi dell’art. 1298 Cod. Civ., “le parti di ciascun cointestatario si presumono uguali, se non risulta diversamente”.

Non molti sanno però che se il saldo attivo del conto corrente cointestato è composto da sostanze economiche imputabili esclusivamente al de cuius, l’altro cointestatario non dovrebbe avanzare pretese.

In effetti, la cointestazione, con firma e utilizzabilità disgiunte, di un conto bancario, alimentato unicamente con sostanze del de cuius, deve considerarsi una liberalità solo nel caso in cui si provi la reale e certa volontà donativa del titolare, ex multis e per tutte Cass., Sez. II, 12 novembre 2008, n. 26983.

In pratica, il cointestatario non potrà invocare a giustificazione la c.d. donazione indiretta, in quanto quest’ultima presuppone la prova della volontà donativa del de cuius.

A questo orientamento della Suprema Corte se ne è aggiunto di recente uno nuovo e più recente, secondo cui per la validità di trasferimenti di denaro del de cuius sarebbe più opportuna la forma dell’atto pubblico.

Pertanto, tutti i trasferimenti di danaro dal conto corrente cointestato col de cuius -secondo questo nuovo indirizzo- sarebbero nulli, salvo non vengano effettuati per il tramite dell’atto pubblico.

Se questo orientamento venisse confermato nel tempo, si potrebbe applicare anche a tutti i bonifici effettuati dal conto corrente del cuius in favore del cointestatario, ovviamente nel caso di conto bancario alimentato dal denaro del solo de cuius.

In ogni caso, la conseguenza di quanto detto è proprio quella che il denaro ingiustamente prelevato dal conto corrente cointestato col de cuius deve essere rimesso nella massa ereditaria e diviso secondo le quote di ciascun erede.

Lo Studio Legale Lambrate effettua uno studio approfondito dello storico della movimentazione bancaria del de cuius, onde tutelare eventualmente la propria quota ereditaria da abusi perpetuati in suo danno e in danno della volontà del de cuius.