Ultimo aggiornamento 17 Giugno 2021
I coniugi non possono accordarsi sull’assegno divorzile già in sede di separazione consensuale.
Solo in sede di divorzio i coniugi, di comune accordo, possono decidere sull’assegno divorzile.
Con il divorzio, infatti, i coniugi potranno decidere elargire la somma a titolo di assegno divorzile in un’unica soluzione oppure attraverso i consueti assegni periodici. Tale facoltà, però, non è concessa ai coniugi, già in sede di separazione consensuale.
L’obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento all’ex coniuge si fonda nel dovere inderogabile di “solidarietà economica” sancito dalla Costituzione all’art. 2 Cost. e all’art. 23 Cost.) il cui adempimento è richiesto ad entrambi gli ex coniugi, quali “persone singole”, a tutela della persona economicamente più debole (cd. “solidarietà post coniugale”).
La Legge n. 898 del 1970 all’art. 5, commi 6 e 8, prevede che con la sentenza di divorzio il Tribunale possa disporre nei confronti di un coniuge l’obbligo di corrispondere periodicamente un assegno di divorzile quando il coniuge beneficiario non ha i mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
Non tutti sanno però che le parti, previo accordo, possono decidere che la corresponsione della somma dovuta a titolo di mantenimento può avvenire anche in un’unica soluzione, previo il controllo di equità da parte del Tribunale. La somma pattuita tra gli ex coniugi non deve necessariamente corrispondere alla capitalizzazione dell’assegno divorzile periodico ma deve comunque essere valutata idonea e congrua dal giudice.
Qualora gli ex coniugi optassero per questa seconda soluzione, però, il coniuge beneficiario deve sapere che una volta statuita la somma una tantum, non potrà più successivamente avanzare alcuna domanda di contenuto economico.
I due assegni divorzili, l’assegno divorzile periodico (previsto all’art. 5, comma 6, Legge n. 898 del 1970) e l’assegno divorzile corrisposto in un’unica soluzione (previsto all’art. 5, comma 8, Legge n. 898 del 1970) hanno una diversa natura giuridica.
La suprema Corte Costituzionale, invero già da diverso tempo e precisamente con ordinanza n. 113 del 2007, ha precisato che “le due suddette forme di adempimento, pur avendo entrambe la funzione di regolare i rapporti patrimoniali derivanti dallo scioglimento o dalla cessazione del vincolo matrimoniale, hanno connotazioni giuridiche e di fatto diverse, tali da legittimare il legislatore a prevedere, nella sua discrezionalità, diversi regimi fiscali; che, infatti, mentre l’assegno periodico è determinato dal giudice in base ai parametri indicati dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 con possibilità di revisione (in aumento o in diminuzione), invece l’assegno versato una tantum non corrisponde necessariamente alla capitalizzazione dell’assegno periodico, ma è liberamente concordato dalle parti – sia pure con soggezione al controllo di equità da parte del giudice -, al fine di fissare un definitivo e complessivo assetto degli interessi personali, familiari e patrimoniali dei coniugi, tale da precludere ogni successiva domanda di contenuto economico (citato art. 5, comma 8)“.
Di recente, poi, la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 2224 del 30 gennaio 2017 e da ultimo con sentenza n. 4764 del 28 febbraio 2018, ha ulteriormente precisato che le parti possono accordarsi circa la statuizione di un assegno divorzile in un’unica soluzione, in luogo a quello periodico, solo all’interno del giudizio di divorzio e non anche preventivamente e, in particolare, in sede di separazione.
Diversamente, la previsione dell’eventuale elargizione dell’assegno divorzile una tantum contenuta in un accordo di separazione consensuale, deve essere considerata nulla in quanto posta in violazione dell’art. 160 Cod. Civ. che sancisce l’inderogabilità da parte dei coniugi dei diritti e dei doveri nascenti dal matrimonio.
Ciò, in quanto, come spiegato dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 4764 del 28 febbraio 2018 sopra richiamata “una preventiva pattuizione, anche in sede di separazione, potrebbe condizionare il consenso alla dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di guisa che la stessa risulta invalida per illiceità della causa, perchè stipulata in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale di cui all’art. 160 Cod. Civ.“.
Lo Studio Legale Lambrate, a seguito di un’ accurata analisi del caso concreto, consiglia al coniuge che si appresta a divorziare la strategia difensiva più utile al proprio Assistito in termini di elargizione o accettazione di un assegno a titolo di mantenimento una tantum, piuttosto che di assegni periodici.
In effetti, una decisione consapevole necessita di un’analisi specifica delle condizioni patrimoniali degli ex coniugi, nonché dei rapporti pendenti tra i coniugi al momento del giudizio di divorzio.