L’accettazione dell’eredità può essere tacita e, quindi, può desumersi da comportamenti concludenti posti in essere dal chiamato all’eredità.
Dai comportamenti del chiamato all’eredità può in pratica essere desunta la volontà di accettare l’eredità. Sicchè, con l’accettazione tacita dell’eredità, il chiamato all’eredità diviene erede e subentra in tutti rapporti attivi e passivi del de cuius.
Non essendoci una elencazione legislativa dei comportamenti produttivi di accettazione tacita dell’eredità, è la giurisprudenza ad individuarli.
Da tempo, la giurisprudenza ha statuito che la presentazione della dichiarazione di successione è un atto di natura meramente fiscale e, pertanto, non vale come accettazione dell’eredità.
Il discorso è diverso, secondo la giurisprudenza, per la voltura catastale dei beni del compendio ereditario.
Secondo gli Ermellini (Cass. 11478 del 30 aprile 2021) vale accettazione dell’eredità il comportamento del chiamato all’eredità che abbia proceduto a volturare catastalmente, a suo nome, l’immobile.
La Suprema Corte ritiene infatti che la voltura catastale del bene sia atto posto in essere solo chi intende accettare l’eredità, per essersi assunto l’onere dell’intestazione della proprietà.
La giurisprudenza non tiene però conto del fatto che ormai la voltura catastale si può chiedere unitamente alla presentazione telematica della dichiarazione di successione, anche da parte di uno solo dei chiamati all’eredità.
Soccorre l’art. 476 Cod. Civ., in forza del quale l’accettazione tacita dell’eredità è accertamento da effettuarsi in base al singolo caso concreto dal giudice di merito a cui è devoluta la causa.
Con le sentenze n. 32770/2018 e 8980/2017, la Suprema Corte ha precisato che la richiesta di voltura catastale non può integrare di per sé gli estremi dell’accettazione dell’eredità, ove la richiesta di voltura catastale sia in concreto avvenuta ad opera di altro chiamato all’eredità, senza che sussista la prova di una specifica delega o della ratifica dell’operato di colui che ha agito.
Ciò posto, potrà semmai essere considerata accettazione dell’eredità solo la condotta del chiamato all’eredità che curi personalmente la voltura catastale dell’immobile.
Ad ogni buon conto, questa interpretazione giurisprudenziale sulla voltura catastale mal si concilia con le disposizioni normative.
Infatti, ai sensi dell’art. 28, secondo comma, , D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni), entro 12 mesi dall’apertura della successione “i chiamati all’eredità e i legatari, anche nel caso di apertura della successione per dichiarazione di morte presunta, ovvero i loro rappresentanti legali; gli immessi nel possesso temporaneo dei beni dell’assente; gli amministratori dell’eredità e i curatori delle eredità giacenti; gli esecutori testamentari” devono presentare la dichiarazione di successione.
Dopodiché, i chiamati all’eredità devono richiedere, entro i successivi 30 giorni, la voltura catastale degli immobili del de cuius, pena l’applicazione delle sanzioni ex art. 12 DPR 650/72.
Tanto, salvo che il chiamato all’eredità, nel termine di un anno dall’apertura della successione, si rinunci all’eredità ex art. 519 Cod. Civ.
Il chiamato all’eredità dovrà dunque operare una scelta:
– tra pagare la sanzione, determinandosi ad accettare l’eredità nel termine civilistico di dieci anni;
– oppure provvedere alla presentazione delle formalità fiscali e catastali nei termini assegnati, correndo il rischio di essere individuato come erede.