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Può accadere che un coniuge necessiti di un aiuto economico e che, spesso, sia proprio l’altro coniuge a fornirgli quanto di bisogno.

Non di rado, infatti, è il coniuge a prestare somme di denaro personali o ricevute dai propri genitori al consorte per permettergli di superare un momento di difficoltà o di effettuare un investimento.

Il denaro prestato al coniuge deve essere restituito?

Ai sensi dell’art. 143 Cod. Civ. i coniugi sono tenuti a prestare assistenza morale e materiale. In altri termini, i coniugi sono tenuti a soddisfare le reciproche esigenze morali/ spirituali ed economiche.

Di norma, quindi, il denaro prestato da un coniuge in adempimento ad un dovere morale non potrà essere richiesto, trattandosi di un obbligazione naturale.

Sul punto, si segnala la sentenza della Suprema Corte di Cassazione, sezione I civile, del 17 settembre 2004 che afferma “i bisogni della famiglia, al cui soddisfacimento i coniugi sono tenuti a norma dell’art. 143 Cod. Civ., non si esauriscono in quelli minimi, al di sotto dei quali verrebbero in gioco la stessa comunione di vita e la stessa sopravvivenza del gruppo, ma possono avere, nei singoli contesti familiari, un contenuto più ampio, soprattutto in quelle situazioni caratterizzate da ampie e diffuse disponibilità patrimoniali dei coniugi, situazioni le quali sono anch’esse riconducibili alla logica della solidarietà coniugale“.

Quindi il denaro prestato non deve essere restituito?

Se il denaro prestato dal coniuge è ingente rispetto alle sue condizioni sociali e al suo patrimonio (quindi, ad esempio, se il coniuge ha dovuto ricorrere ad un prestito) la somma di denaro prestata è ripetibile.

La Giurisprudenza, da ultimo il Tribunale di Vicenza con sentenza n. 1719 del 4 luglio 2018, afferma, infatti, che un’attribuzione patrimoniale non è ripetibile quando è adeguata alle circostanze, è proporzionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali di chi l’ha elargita.

Per contro, non si verte in un’ipotesi di obbligazione naturale quando l’attribuzione patrimoniale ha l’effetto esclusivo di arricchire il partner che l’ha ricevuta e non è proporzionata ai doveri morali e sociali che i coniugi hanno assunto convolando a nozze.

Il caso oggetto della pronuncia

Nel caso trattato dal Tribunale di Vicenza, peraltro, i coniugi avevano redatto una convenzione nella quale si dava atto del prestito effettuato dalla moglie al marito e dell’obbligo di restituzione in caso di scioglimento della comunione legale esistente al momento dell’attribuzione patrimoniale.

In sede di separazione, la moglie aveva richiesto la restituzione del denaro prestato al marito.

Il Tribunale di Vicenza, chiamato a pronunciarsi sulla validità dell’accordo, ha ritenuto che l’apporto economico della moglie non poteva qualificarsi come un’obbligazione naturale in quanto proprio la convenzione contratta dai coniugi dimostrava la volontà degli stessi di regolamentare le condizioni, al verificarsi delle quali, il marito avrebbe dovuto restituire l’importo ricevuto.

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