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Ultimo aggiornamento 17 Giugno 2021

La responsabilità del medico per la cicatrice comparsa dopo un intervento di rimozione chirurgica di un tatuaggio.

Un tatuaggio è per sempre… ora non più.

In un’epoca dove nulla è indissolubile, dove il numero dei divorzi supera di gran lunga i matrimoni, anche un tatuaggio sigillo di un amore finito può essere rimosso.

Diverse, infatti, sono le tecniche per eliminare un tatuaggio.

Tra le tante ricordiamo l’escissione chirurgica, la dermoabrasione meccanica, il peeling chimico degli strani cutanei con l’uso di acido tricloroacetico (TCA), il laser Neodymium -Yag Q -switched, l’elettrodermografia, l’elettrosalatura etc.

Ogni tecnica ha, ovviamente, dei pro e dei contro che devono essere portati a conoscenza di chi si appresa a voler rimuovere il tatuaggio.

La rimozione di un tatuaggio può, se non eseguita a regola d’arte, creare dei danni al paziente.

Tali danni, ad esempio, possono consistere nella presenza di una antiestetica cicatrice là dove c’era il tatuaggio.

In questi casi è possibile richiedere il risarcimento dei danni al medico che ha effettuato l’intervento di rimozione del tatuaggio?

Il medico sarà responsabile se il tatuaggio non è stato rimosso completamente. Così, anche se dopo l’intervento è sorta una cicatrice o infezione. Ogni qualvolta l’intervento, non eseguito a regola d’arte, abbia provocato un danno visibile. In tutti questi casi il medico chirurgo dovrà risarcire il paziente.

Il medico è responsabile anche nel caso in cui le cicatrici sono un normale  effetto dell’intervento di rimozione del tatuaggio?

Il medico – chirurgo sarà responsabile anche se le cicatrici sono diretta e normale conseguenza dell’intervento effettuato. Ciò avviene nell’ipotesi in cui il medico – chirurgo, prima dell’intervento, non informi adeguatamente il paziente. Il medico – chirurgo, per andare esente da responsabilità, deve infatti spiegare al paziente la sopravvenienza di cicatrici post intervento. Qualora non lo faccia, il paziente potrà vedersi risarcito il danno patito.

Il consenso informato nell’intervento di rimozione del tatuaggio

In altri termini, il paziente potrà richiedere il risarcimento del danno al medico chirurgo qualora sia accertato che il medico non lo aveva debitamente informato circa la futura presenza di cicatrici al posto del tatuaggio.

Ciò in quanto è verosimile che il paziente, conosciuti gli effetti dell’intervento, non avrebbe proceduto con l’intervento Solo se adeguatamente informato il paziente può scegliere consapevolmente se rimuovere o meno il tatuaggio.

Il paziente, infatti, correttamente informato, avrebbe potuto optare per un intervento diverso.  Ad esempio, avrebbe potuto optare per la dermoabrasione al posto della rimozione chirurgica o viceversa, oppure avrebbe potuto scegliere di coprire il tatuaggio con un altro disegno anziché rimuoverlo.

L’ultima sentenza dei giudici della Suprema Corte di Cassazione

Di recente, la Suprema Corte di Cassazione, si è nuovamente pronunciata in tema di responsabilità medica.

Invero, il 27 aprile 2018 con la sentenza n. 9806/2018 i giudici di legittimità hanno statuito proprio in tema di responsabilità del medico chirurgo per le cicatrici comparse dopo un intervento di rimozione chirurgica di un tatuaggio.

Nella citata sentenza, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato in che modo il medico assolve il dovere di informazione.

In particolare, il medico-chirurgo assolve l’onere di una compiuta informazione informando il paziente sul metodo di rimozione, sulle tecniche impiegate, sul periodo di convalescenza e, soprattutto, informando dettagliatamente il paziente circa gli esiti cicatriziali che derivano dall’intervento di rimozione del tatuaggio.

Anche la fase post operatoria e gli esiti cicatriziali devono essere oggetto di informazione. In mancanza, il medico-chirurgo non ha assolto il dovere di informazione e ha violato il diritto all’autodeterminazione del paziente.

Così precisando, la Suprema Corte di Cassazione ha cassato la sentenza di merito che condannava il medico- chirurgo a corrispondere i danni del paziente tatuato per omessa informazione dell’esito cicatriziale dell’intervento.

Ciò in quanto i giudici di merito non avevano considerato che il medico aveva simulato con un pennarello sia il taglio sia la cicatrice che sarebbe sorta sulla parte interessata. Nonchè, che il medico aveva fornito spiegazioni tecniche su due diversi tipi di intervento praticabili  nel caso concreto.

In effetti, emergeva dagli atti che il paziente aveva optato per l’intervento di rimozione chirurgica in luogo alla dermoabrasione anche con specifico riferimento all’esito cicatriziale di entrambe le tecniche.

Questi elementi imponevano, quantomeno, a parere degli Ermellini, una revisione della sentenza impugnata.

Il parere dell’Avvocato

L’avv. Elena Laura Bini precisa che “il dovere di informare il paziente non può essere sottovalutato. Chiunque si accinga ad effettuare un intervento chirurgico, seppur di non rilevante entità quale è la rimozione di un tatuaggio, deve sapere esattamente quali rischi incorre e quali conseguenze deve affrontare. Sapere se delle cicatrici sorgeranno non è irrilevante. Conoscere se a seguito dell’intervento la superficie di pelle coinvolta sarà esteticamente compromessa è un diritto che deve essere rispettato. In mancanza, il paziente potrà ottenere il risarcimento dei danni patiti. I danni reclamabili, purchè provati, potranno essere  sia patrimoniali che non patrimoniali”.